lunedì 15 ottobre 2007

Condannati a morte


Condannati a morte

Alle soglie del terzo millennio,la società per punire coloro che hanno
sbagliato non trova soluzione migliore che la loro eliminazione totale, con
una iniezione letale, una fortissima scarica elettrica, la decapitazione ed
altri più o meno <> strumenti di morte. Ogni volta che viene
punito qualcuno così duramente rispunta la domanda: è giusto che lo Stato
risponda agli assassini con la loro stessa arma: la morte?
Posta così la domanda sembra avere una sola risposta: no. Ma proviamo ha
riformularla: è giusto che chi ammazza una, dieci, cento volte venga punito
come chi ha ammazzato una sola volta magari in preda a un raptus? Anche qui
la risposta pende verso il no. Non si può vivere due o tre volte, ma una
volta sola. Dunque se, per il primo omicidio uno viene condannato
all’ergastolo (carcere a vita), per gli eventuali omicidi successivi la sua
pena non può essere aumentata neppure di un giorno: che senso hanno due,
tre, dieci, cento condanne a vita?
Per queste ed altre ragioni, molti Stati mantengono o ripristinano la pena
di morte per delitti particolarmente crudeli, oppure per gli omicidi
multipli. Molti altri l’hanno invece abolita chi prima e chi dopo,
considerandola uno strumento barbaro, disumano, superato, e inefficace.
Eppure in molti Paesi caratterizzati da una criminalità feroce e dilagante,
la maggioranza dei cittadini continua ad essere favorevole alla pena
capitale: è la principale ragione per cui 38 Stati americani su 50 non
pensano di abolirla e i governi rifiutano quasi sempre la grazia ai
condannati al patibolo.
In Europa, invece, la pena capitale è stata ovunque cancellata. Ogni volta
che negli Stati Uniti viene giustiziato un condannato, nei diversi Paesi
dell’ UE si sollevano ondate di indignazione e campagne “abolizioniste”.
Soprattutto quando, dagli USA giungono le immagini crude e assurde delle
opposte “tifoserie” fuori dalla camera della morte con tanto di cori di
esultanza o fischi da stadio nell’ istante in cui il boia innesca la sedia
elettrica o l’iniezione letale. E’ anche vero, però, che gli Stati Uniti
sono una democrazia e non condannano nessuno per motivi politici.
E soprattutto consentono alle telecamere di rilanciare le immagini in tutto
il mondo suscitando le proteste generali. Tutto il contrario delle dittature
(ad esempio la Cina o Cuba, o peggio ancora i Paesi islamici, dove si
ricorre ancora alla lapidazione, alla mutilazione, all’ impalamento e ad
altri strumenti feroci) che per giunta condannano a morte non solo gli
assassini ma anche è soprattutto gli oppositori politici, colpevoli di
nessun altro crimine se non di pensarla diversamente dal regime. Di questi
orrori le tv non possono inviare alcuna testimonianza. Così ogni anno nei
Paesi musulmani o comunisti, o sotto le dittature africane, vengono
giustiziati migliaia di innocenti nell’assoluta indifferenza (e ignoranza)
del mondo libero.
Basta leggere gli agghiaccianti resoconti di Amnesty International per
farsene una pallida idea. I due schieramenti opposti avanzano una serie di
motivazioni a favore delle loro opposizioni. I sostenitori della pena di
morte portano queste motivazioni:
- La pena di morte esiste da sempre ovunque, anche nei Paesi che l’hanno
abolita per legge: soltanto che qui a subirla sono soltanto le vittime
innocenti dei criminali e ad applicarla sono solo gli assassini.
- La condanna capitale non la infliggono i tribunali o i boia, ma gli
stessi assassini che “pur sapendo a quale rischio vanno incontro” commettono
ugualmente quei delitti puniti per la legge con la morte. E si condannano da
soli.
- Il quinto comandamento “Non uccidere l’innocente” è sempre stato inteso
come “Non uccidere l’innocente”: altrimenti bisognerebbe vietare ai soldati
di andare armati in guerra, o alle forze dell’ordine di sparare per
difendere la propria vita e quella dei cittadini inermi. In realtà la pena
di morte mira proprio ha combattere la violenza e ha tutelare più vite
possibili.
- La pena di morte è un “deterrente”, cioè un sistema per spaventare e
quindi scoraggiare la gente dal commettere crimini particolarmente feroci.
Sapendo che rischia di finire al patibolo, il criminale ci pensa due volte
prima di ammazzare qualcuno. Chi lo nega non fornisce la controprova: non si
sa mai quanti crimini sarebbero stati commessi se, in quello stesso periodo,
essa non fosse stata in vigore. E comunque lo stesso discorso vale per i
lavori forzati e, in generale, per tutte le pene.
- In Paesi dove le evasioni dal carcere sono all’ordine del giorno, dove
esistono organizzazioni criminali potentissime e organizzatissime, in grado
di liberare in ogni momento qualunque detenuto, l’unico sistema per mettere
fuori gioco i soggetti più pericolosi, e di impedire che minaccino ancora
tante vite innocenti, è quello di eliminarli. Soprattutto quando sono stati
colti sul fatto o non esistono dubbi sulla loro colpevolezza.
- E’ strano che in Paesi che consentono l’aborto (cioè la soppressione
della vita di un innocente) sia vietata la pena di morte (la soppressione
della vita di un colpevole).
- Non è vero che la condanna a morte impedisca al condannato di pentirsi e
redimersi: basta pensare a tutti i condannati che si pentono proprio alla
vigilia dell’esecuzione. E in certi casi proprio perché sanno di avere le
ore contate.
Su motivazioni diametralmente opposte si muovono coloro che lottano per
l’abolizione della pena di morte.
- La vita è sacra e solo Dio ne è padrone. L’uomo non può disporne a suo
piacimento, e quindi nemmeno lo Stato ha diritto di toglierla. Nemmeno al
più crudele degli assassini.
- Lo Stato non deve mai mettersi sullo stesso piano dei criminali. La “legge
del taglione” (occhio per occhio, dente per dente) è uno strumento antico,
barbaro, e superato.
- La pena di morte è irreversibile e quindi impedisce di rimediare agli
errori giudiziari: rischia di togliere la vita a persone che con il tempo,
quando sarà troppo tardi, si scopriranno innocenti e saranno completamente
diverse da quando hanno commesso un delitto.
- Uno degli scopi fondamentali della pena è rieducare il colpevole, indurlo
ha pentirsi e ha cambiare vita. Ucciderlo significa impedirgli ogni
possibilità di redenzione.
- Che la pena di morte sia un deterrente capace di far diminuire i delitti è
tutto da dimostrare. Anzi, secondo alcune statistiche, i delitti restano
sostanzialmente invariati prima e dopo l’abolizione del patibolo.
- Al delinquente fa molto più paura la prospettiva di passare la vita in
carcere, piuttosto quella di farla finita subito.
Pena di morte,dunque si o no? Se riconosciamo in chi ha sbagliato la dignità
di persona, il diritto alla vita e la possibilità di pentirsi, la risposta
non può che essere una: no!

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