mercoledì 19 dicembre 2007

Ancora il “secondo sesso”

Ancora il “secondo sesso”
Le donne continuano a scontrarsi con ostacoli che impediscono la loro conquista dello spazio politico, all’interno del quale rimangono una piccola minoranza. In tutti i paesi e qualunque sia la loro appartenenza politica,le donne si scontrano sempre con molteplici ostacoli che ne frenano l’ascesa politica. “La maggior parte di essi è espressa in termini di mancanze”, sottolinea l’ IPU. Mancanza di tempo, di formazione e d’ informazione, di fiducia in sé, di denaro, di sostegno e motivazione, di associazioni femminili, di solidarietà tra donne e via dicendo. I pregiudizi sono tenaci. In ogni cultura, le donne sono viste meglio ai fornelli e alle prese con i figli piuttosto che nelle riunioni politiche o alla presidenza di un’assemblea di rappresentanti eletti. Questa immagine tradizionale è spesso rafforzata dai media. Essa si manifesta anche attraverso la violenza degli attacchi verbali e fisici di cui sono spesso oggetto le donne impegnate in politica. Nei paesi poveri,che affrontano diversi conflitti e il degrado delle condizioni economiche e sociali,le donne sono totalmente prese dalla gestione della vita quotidiana e dalle cure che prestano alla propria famiglia. L’ IPU sottolinea, a questo riguardo, l’insufficienza generale delle infrastrutture degli asili infantili – spesso riservati a una minoranza privilegiata -, la poca disposizione dei partiti politici ad adattare i propri orari e le proprie modalità di riunione a tal genere di problemi e lo scarso appoggio che le donne ricevono dai propri familiari. Questo aiuto – sia morale che materiale – è tuttavia fondamentale, dal momento che le donne, che hanno interiorizzato immagini negative di sé fin dalla notte dei tempi, soffrono molto spesso di mancanza di fiducia in se stesse. Altro ostacolo è costituito dalla carenza di risorse finanziarie, mentre le campagne elettorali richiedono mezzi considerevoli. Le donne si scontrano inoltre con un maschilismo più o meno aperto, che si manifesta con l’esistenza di circoli politici chiusi, cui il “secondo sesso” non ha diritto di ammissione. Esse deplorano infine la scarsa solidarietà che si dimostrano le une con le altre, tanto più grave in quanto gli incarichi disponibili per loro sono scarsi. Quasi ovunque, con la notevole eccezione di alcuni paesi quali il Kuwait, le leggi garantiscono alle donne il diritto di votare e di essere elette. Ma, in pratica, la femminilizzazione dei parlamenti e dei governi non progredisce affatto. Secondo l’Unione interparlamentare (IPU), organizzazione con sede a Ginevra che riunisce 139 parlamentari, gli uomini continuano a rappresentare più dell’ 86% dei parlamentari nel mondo e nessun paese ha ancora instaurato una parità completa. Nei paesi ex comunisti, la rappresentanza femminile in politica, un tempo una delle più elevate al mondo, è nettamente diminuita dopo il crollo del comunismo. Ugualmente, indica l’ IPU, il numero delle donne capi di governo e ministri “non aumenta sensibilmente”. La media mondiale delle donne al governo si colloca attorno al 12%. E raramente esse detengono ministeri strategici come quello delle Finanze, dell’Interno o della Difesa. Più volentieri si affida loro il ministero degli Affari Sociali e della Famiglia, della Sanità o dell’ Ambiente, che dispongono di meno mezzi ed hanno minor peso politico.


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