mercoledì 19 dicembre 2007

L’Italia è maschilista?


L’Italia è maschilista?


Gli italiani hanno eletto 630 deputati e 315 senatori. Ebbene, completato lo spoglio delle schede, le donne diventate onorevoli sono meno di 90. Meno del 9 per cento. Siamo in un paese maschilista. E’ indiscutibilmente maschilista l’aria che tira. Non maschilisti gli elettori, del resto più donne che uomini. Sono maschilisti i partiti che preparano le liste dei candidati. Ma prima e dopo le elezioni è ancora maschilista soprattutto l’assetto globale dei poteri nella società. La Camera dei deputati ha già avuto due presidenti donne, la giovanissima Irene Pivetti e la matura Nilde Jotti, ma le scelte non hanno cambiato il tono generale di un luogo di uomini. Poiché la situazione sociale nel Paese è in cambiamento in tutti i settori, vi risparmio le cifre indicative del dislivello: ovunque le donne contano meno. Se nove maestri elementari su dieci sono donne nella fatica più importante e meno gratificante di una classe dirigente, nove presidenti di banca su dieci sono uomini. Ma si laureano più donne che uomini e le donne laureate ottengono mediamente voti migliori. Quindi il passaggio dal merito al suo riconoscimento non potrà attendere molto. C’è qualcosa però di sbagliato nel modo con il quale in politica si affronta il problema in Europa, ora tentando di bloccare per legge una quota di eleggibilità garantita a favore delle donne, ora presentando ogni scelta di potere al femminile come una concessione da spendere in propaganda. C’è un tono da dono alla minoranza emarginata. Ma le donne non sono minoranza né statistica né culturale. Liberate da tempo in casa rispetto a una subcultura maschilista, negli spazi privati dell’esistenza sono già intellettualmente egemoni; piuttosto sono gli uomini che si stanno femminilizzando. Ma la politica non se ne è ancora accorta.

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